La pieve di san Secondo sorse nel territorio dei Vittimuli, che fino al 1348 era nel territorio di Salussola, e solo dopo quella data, a causa della divisione territoriale imposta dai Visconti, tra Salussola e Dorzano, fu assegnata al Comune di Dorzano, in una delle zone più ricche di storia e di reperti archeologici del Biellese.
Essa fu in assoluto la prima pieve del Biellese, e fu edificata sul luogo del martirio del soldato tebeo Secondo.
La sua erezione è collocabile ai tempi di sant’ Eusebio, tra il 345 e il 371 d. C., ancora prima della pieve di santo Stefano di Biella.
I documenti più antichi della pieve di san Secondo sono le due lapidi che un tempo si trovavano nella chiesa monastica di san Pietro Levita.
Risalgono ai secoli V – VI e servivano in origine da pietre sepolcrali a due cristiani, uno di nome Anastasio e l’altro Vitale.
La prima, purtroppo, è andata smarrita, mentre la seconda di pietra bianca si trova attualmente al Museo del Territorio di Biella.
Quest’ultima servì poi da copertura al sepolcro di san Pietro Levita, quando nel secolo X fu trasportato da Vittimulo nella nuova chiesa, eretta in suo onore a Salussola, a mezza collina, successivamente divenuta chiesa dei benedettini, quali custodi del corpo.
Non è quindi improbabile che con il corpo del Santo, abbiano raccolto tra le rovine di Vittimulo e trasportato a Salussola anche queste lapidi.
La prima lapide si trovava appesa alla facciata della chiesa di san Pietro Levita, la sua esistenza è ricordata e attestata dagli Atti del 1782 riguardanti la traslazione del corpo di san Pietro da questa chiesa alla parrocchiale di Salussola.
Per trovare un documento scritto, che ricordi la chiesa plebana di san Secondo, dobbiamo risalire al X secolo.
Sono quattro gli elenchi delle pievi della diocesi di Vercelli dei secoli X- XII, il più importante e antico dei quali è quello conservato dal Codice Vaticano 4322.
Vittimulo era senz’altro il centro più importante dell’ « ager vercellensis » e quando l’organizzazione plebana si espanse dalla città alla periferia, fu certo uno dei primi, se non il primo, a beneficiare di questo privilegio.
Nel secolo VII, il corpo di san Pietro Levita fu trasportato da Roma a Vittimulo, e anche questo sta a testimoniare l’importanza religiosa raggiunta da questa pieve.
Le guerre dei secoli VIII – IX, portarono alla distruzione dell’intero abitato di Vittimulo, non escluse le sue chiese.
Il saccheggio e la distruzione di Vittimulo portò l’abbandono degli abitanti, i quali andarono ad incrementare i villaggi vicini.
La chiesa di san Secondo martire fu certamente ricostruita per conservare i diritti plebani.
Gli scavi effettuati nel 1953 per conto della Soprintenza di Torino, portarono in luce un piccolo edificio a pianta rettangolare, orientato est – ovest, con muri dallo spessore di metri 1,10, che alla luce odierna potremo definire la primitiva chiesa, quella che contenne le spoglie di san Secondo.
I muri, ad ” opus incertum ” inglobanti in grande quantità materiali romani di reimpiego, si riferivano ad un edificio molto piccolo, tanto che qualcuno avanzò l’idea che si trattasse del battistero, che pure doveva esistere anche a Vittimulo, com’era usanza presso le antiche pievi.
Ma nessun elemento ritrovato lasciò pensare ad un edificio battesimale.
Sul lato ovest, all’esterno dell’edificio si rinvennero un gradino in pietra, non in situ, e la soglia.
I due blocchi lapidei, in origine di pertinenza di un altro edificio, furono asportati nel 1972.
Il sondaggio compiuto all’interno dell’edificio permise di identificare frammenti di pietra ollare e ossa umane non più in connessione, pertinenti a tombe terragne sconvolte dalle arature.