Alla cascina Baraccone c’era un campo di lavoro per prigionieri di guerra
Alla cascina Baraccone c’era un campo di lavoro per prigionieri di guerra. Un documento, emesso dall’Ufficio Prigionieri di Guerra dello Stato Maggiore del Reale Esercito, datato 16 febbraio 1943, ordinò che sorga a Salussola un campo di lavoro base, da cui far dipendere, sia per quanto riguarda l’amministrazione, sia per quanto riguarda la disciplina, i distaccamenti lavoro di Gassino, Oleggio, Casaleggio, Castellazzo, Villarboit, Crescentino e San Germano Vercellese. E il 15 marzo 1943 venne costituito il Campo 106/XIX presso la Cascina Baraccone, in frazione Arro, di proprietà del senatore Beniamino Donzelli, presidente della Società Anonima Immobiliare Quercia, alla quale erano riconducibili le attività produttive ed amministrative delle Cascine Baraccone, Pista Nuova, Madama, di Mezzo e della scomparsa Dossi. Presso la Cascina Baraccone furono trasferiti 80 prigionieri di guerra, 40 australiani e 40 neozelandesi (kiwis) per essere adibiti ai lavori agricoli della risaia presso le cascine. Il campo base PG 106 Baraccone, era sotto il comando del 63° Reggimento di Fanteria con sede a Vercelli, ed il responsabile fu un sergente maggiore. Non c’era ancora il telefono in quel campo, ma venne presto installato. I due gruppi, australiani e neozelandesi, erano alloggiati presso le stalle, che in quegli anni erano senza bovini. I prigionieri, o almeno alcuni di essi, venivano impiegati per andare al torrente Elvo a caricare, su un camion, della ghiaia da spargere sulle polverose strade della campagna risicola. ” Ricordo che c’erano dei soldati di guardia tutti intorno alla cascina “, ricorda un vecchio contadino di Arro. ” Avevo 10 anni allora, e quando ricevevano il pacco settimanale (quello della Croce Rossa per prigionieri di guerra) io e gli altri bambini aspettavamo con ansia e curiosità che venisse aperto, perché ci davano sempre qualche cosa “. Gli australiani non avevano un capo, ma gli neozelandesi erano guidati da un caporal maggiore. – Ci dettero 80 vanghe, ebbe a scrivere un prigioniero, ma spezzammo il manico di 40, perché sapevamo che gli italiani non ne avevano altri, e così i turni di lavoro furono meno pesanti -. Dopo l’8 settembre 1943, il ragioniere Giambattista Gilberti, direttore Generale delle Cartiere Beniamino Donzelli e delle Cartiere Meridionali, e Ufficiale al Quartiere Generale del Corpo dei Volontari della Libertà, ebbe a scrivere all’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo sull’opera svolta dal senatore Donzelli: ” Nelle tenute di Salussola furono assegnati circa 100 prigionieri alleati, ai quali fu riservato un trattamento amichevole sotto ogni aspetto, agevolando poi la loro fuga, così da evitare qualsiasi traccia “. Successivamente presidente della Società Anonima Immobiliare Quercia fu nominato il ragioniere Antonio Villi di Milano che dichiarerà all’Alta Corte di Giustizia: ” Personalmente sono stato incaricato della consegna di denaro ai partigiani della zona di Salussola. Ciò che feci con entusiasmo, plaudendo nel mio intimo allo slancio del senatore Donzelli, il quale tra l’altro ha favorito la consegna di cereali, bestiame, foraggi, ect. delle tenute agricole nel predetto Comune di Salussola, ai partigiani per un valore molto ingente, aggirantesi sui 6 milioni “.
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