I luoghi di san Pietro della famiglia Bulgaro
⫸ I luoghi di san Pietro della famiglia Bulgaro. La tradizione popolare vuole che il luogo di Vittimulo/a, oggi nel Comune di Salussola, abbia dato i natali nel 540, a quello che è ritenuto il suo più illustre concittadino; san Pietro Diacono o Levita.
Si narra che Pietro, appartenesse alla famiglia dei nobili Bulgaro o Bolgaro/i di Borgo Vercelli, nel cui palazzo sarebbe nato, secondo altri, avrebbe visto la luce in una casa situata sull’odierna Via Pietro Micca, nel cantone “ Casassa o Casazza ”.
Le vestigia delle case più vecchie di questo cantone, non sono certamente quella in cui nacque Pietro, perché sono costruzioni a struttura tardo medioevale, sorte sulle rovine di altri edifici.
Bisogna ritornare alla cultura dei tempi per capire che questa leggenda potrebbe avere un filo di verità; l’uso della trasmissione delle notizie e dei fatti era tramandato a voce e da ogn’uno interpretato a seconda della propria cultura, e quindi, tramandato fino ai nostri tempi in modo distorto.
Probabilmente un palazzo dei Bulgaro era proprio nella zona dove oggi s’indica la casa natale di Pietro, ma non al tempo in cui si indica la presunta data di nascita.
Salussola, così come la intendiamo oggi, ai tempi di Pietro Bulgaro forse non esisteva, la zona poteva solo essere un avamposto fortificato, che andò a popolarsi solo dopo la distruzione di Vittimulo.
Le prime documentazioni che parlano di Salussola sono dell’882 e la nascita di Pietro viene collocata intorno al 540.
Se veramente Pietro fosse nato nella nostra terra, il luogo lo possiamo collocare nel castrum Victimuli o nei dintorni.
Viene unicamente dai Bulgaro l’indicazione che Pietro appartenesse al loro casato; l’albero genealogico di famiglia ancora nel cinquecento, indica Pietro insieme a un altro santo Petrino e a una Beata come loro discendenti.
Perciò è da supporre che questo Santo sia stato imposto al culto popolare proprio da loro, vassalli di Salussola per conto dei feudatari vescovi di Vercelli.
La pittura murale che si trova in Via Pietro Micca, che raffigura Pietro vestito di abiti cardinalizi è simile a un’altra, dipinta su di una costruzione signorile poco distante.
Queste pitture sono molto simili a quelle di un altro dipinto su tela settecentesca, tuttora conservato nella sacrestia della chiesa di santa Maria Assunta.
Avere un Santo in famiglia era evidente segno di nobiltà, e se non c’era lo si inventava, si acquistavano le spoglie, le si trafugava.
E dove trovarle se non a Roma.
Ed ecco la storia-leggenda tramandata, che ci narra del corpo di Pietro trafugato a Roma e portato a Vittimulo, dove venne prima custodito nel castello dei Bulgaro e poi costruita una chiesa apposita per custodirvi le ossa.
In un documento datato 12 agosto 1580, cioè oltre mille anni dopo, il notaio di Salussola, tale Azeglio, nel testamento di Giuseppe Bulgaro, questi affermava che Pietro, ancora giovanissimo fu inviato dai suoi familiari, a Roma dove si distinse nello studio delle lettere e della filosofia, diventando nel frattempo amico e confidente di Gregorio figlio di un senatore romano, ultimo discendente della famiglia degli Anici, che poi sarebbe stato eletto al soglio pontificio con il nome di Gregorio Magno.
In nessun documento della Chiesa Vercellese, e nemmeno nella vita del Santo è descritto che Vittimulo o Salussola siano stati il paese natale di Pietro, e nemmeno che esso sia discendente dai Bulgaro.
Le guerre dei secoli VIII e IX portarono alla distruzione di Vittimulo e alle sue due chiese, quella di san Secondo Martire e a quella di san Pietro Levita; i resti di san Pietro furono dispersi tra le macerie.
Nel secolo IX discendenti dei Bulgaro, ritrovati i resti del Santo Levita li trasportarono, forse presso il proprio palazzo, perché solo nel 961 il Vescovo di Vercelli Ingone, dei marchesi d’Ivrea, gli dedicò la nuova chiesa in cui furono deposte le spoglie.
A testimonianza della primitiva chiesa di Vittimulo, sono rimaste due lapidi che risalgono ai secoli V – VI e servivano in origine da pietre sepolcrali a due cristiani, uno di nome Anastasio e l’altro Vitale, mentre la pietra sepolcrale di quest’ultimo servì poi da copertura al sepolcro del santo Pietro Levita, quando fu trasportato da Vittimulo nella nuova chiesa e sepolto dietro all’altare.
La prima purtroppo è andata smarrita, mentre la seconda di pietra bianca, si trova attualmente al Museo del Territorio di Biella.
Non è quindi improbabile che con il corpo del Santo, abbiano raccolto tra le rovine di Vittimulo e trasportato a Salussola anche queste lapidi.
La nuova chiesa, eretta in suo onore a mezza collina, fu data dapprima in consegna a sacerdoti diocesani e successivamente all’ordine benedettino di San Genuario di Crescentino che la trasformò in Priorato.
Le spoglie furono esposte alla venerazione dei fedeli nella chiesa monastica, che fu sempre meta di pellegrinaggi dai paesi vicini, diventando quasi un santuario per la taumaturgia attribuita al Santo.
Era infatti invocato contro le pestilenze e le tempeste e le cronache ci hanno lasciato pellegrinaggi votivi annuali delle parrocchie di Sandigliano, Vergnasco, Cerrione, Magnonevolo, Dorzano, Viverone e Olcenengo.
All’inizio del XVI secolo il Priorato di San Pietro Levita passò tra i molti benefici del cardinale Antonio della Rovere, che vi rinunciò in favore del sacerdote Nicolò Tarsi.
Amico di Giovanni Gromis, il Tarsi si riservò i redditi del Priorato di san Pietro, cedendoli per aiutare il convento dei monaci di san Gerolamo, da lui fondato a Chiavazza.
Nella Visita Pastorale del 1619 la chiesa è così descritta: “ Si tiene con pochissima riverentia e senza luminarie… il pavimento è buono di sopra, la chiesa è voltata tutta biancha… ha due porte una granda e una picola e si chiavano tutte e due; nell’intrare a detta chiesa a man dritta vi è un vaso di pietra p.l’aqua santa e nel coro vi è un confessionale picolino e la sua grata ”.
Ma il passaggio del Priorato creò molti screzi tra la Diocesi di Vercelli e lo stesso convento di san Gerolamo finché il Papa soppresse l’ordine gerolamino e la chiesa passò alle dipendenze della parrocchia di santa Maria Assunta.
Ma questo non bastò, perché i Girolamini continuarono nel possesso dell’antico Priorato e nello stipendiare un cappellano, fino al 1778 quando fu soppresso il monastero di san Gerolamo, e la chiesa fu spogliata dei suoi arredi, abbandonata e sconsacrata.
Il parroco, i canonici e il Comune di Salussola, si rivolsero al Vescovo di Biella Giulio Cesare Viancini per esumare le reliquie di san Pietro Levita e trasportarle nella chiesa parrocchiale con lo scopo di continuare la devozione dei fedeli.
ll 28 giugno del 1782, il Vescovo emanava un decreto, in cui stabiliva “ doversi procedere alla profanazione di detto Oratorio… “.
Le reliquie di san Pietro Levita furono collocate in un’urna di cristallo e trasportate dall’antica chiesa, nella cappella appositamente eretta decenni dopo, nella chiesa parrocchiale di santa Maria Assunta.
Della chiesa, oggi scomparsa, rimangono solo alcuni muri inseriti nell’attuale costruzione, la cascina san Pietro, presso la Strada Statale 143 per Cavaglià.
blogger claudio.circolari@salussola.net