La chiesa di san Bartolomeo apostolo martire

La chiesa di san Bartolomeo apostolo martire. I primi dati che lo riguardano la chiesa di Vigellio sono contenuti nella Visita Pastorale del 1602, dove si fa notare che in esso si celebrava la Messa tre volte il mese da un canonico della collegiata di Salussola.
Per atto notarile del 12 maggio 1644 i fratelli Martino, Antonio e Matteo Lozia donavano all’oratorio di Vigellio numerosi beni terrieri per la fondazione di un beneficio semplice, del reddito annuo di lire 150 ducali, con l’onere della celebrazione di tre Messe la settimana.
Questa cappellania fu sempre distinta dalla cappellania della chiesa, alla quale attendeva un altro sacerdote, il quale, già nel 1667, era tenuto a celebrare nell’oratorio di San Bartolomeo tutte le feste e due volte la settimana ed era stipendiato col provento annuo di 36 iugeri di terreni donati in più volte alla chiesa stessa.
Quest’ultimo cappellano era anche obbligato a tenere la dottrina cristiana.
Nelle Visite Pastorali della seconda metà del secolo XVII si legge che il beneficio Lozia era posto sotto il titolo e la protezione di San Michele e la nomina del cappellano spettava ai discendenti dei fondatori, come patroni, mentre il cappellano dell’oratorio era eletto e nominato dai particolari del luogo.
L’oratorio di Vigellio era stato consacrato da Monsignor Goria nel 1637 e con la chiesa fu pure concesso e consacrato un piccolo cimitero che serviva per inumare i cadaveri della borgata quando le piene dell’Elvo impedivano il loro trasporto alla chiesa collegiata di Salussola.
I cappellani continuarono il loro ministero fin verso la metà del XVIII secolo.
Il 18 giugno 1748 il Vescovo, Monsignor G. P. Solaro, si recò in Visita Pastorale a Vigellio.
Gli abitanti della frazione presero occasione per pregarlo e insistere perché volesse erigere il loro oratorio in chiesa parrocchiale.
Il Vescovo li invitò a presentarsi quella sera stessa presso la casa parrocchiale di Salussola, dove egli si sarebbe trovato.
Con loro vi era anche una rappresentanza degli abitanti di Arro, che avevano fatto la stessa richiesta per la propria chiesa.
Furono bene accolti, si fece ancora una volta presente la difficoltà dell’attraversamento dell’Elvo in certi periodi di piogge, a causa della mancanza di ponti, la distanza dei vari cascinali, dalla chiesa di Salussola.
Si procedette, seduta stante, alla divisione del territorio oltre l’Elvo in due zone: una da affidare all’erigenda parrocchia di Vigellio e l’altra a quella di Arro.
Ancora in quella sera il Vescovo firmava il decreto d’erezione delle due nuove parrocchie e imponeva alle nuove comunità di riconoscere la chiesa di Santa Maria di Salussola, come loro matrice.
La nuova parrocchia di Vigellio ebbe il titolo di pievania e di pievano il suo parroco, forse in ricordo della vicina pieve scomparsa di san Pellegrino di Puliaco.
Oggi dopo la morte dell’ultimo parroco, don Mario Donna, la parrocchia fa parte, assieme ad Arro e a San Secondo, delle Comunità Parrocchiali di Salussola ed è retta dal parroco dell’antica chiesa matrice, la chiesa di santa Maria Assunta a Salussola Monte.

La Chiesa Parrocchiale – Sorse come oratorio frazionale, forse non prima della seconda metà del secolo XVI, poiché non è mai nominata in documenti anteriori, neppure nelle relazioni di Visite Pastorali.
Il documento più antico che si accenni all’oratorio di San Bartolomeo risale al 1602 e consiste in una relazione di Visita Pastorale.
Da esso appare chiaro che l’edificio era ancora in costruzione, in quanto mancavano il pavimento e buona parte della volta e il muro di facciata era costituito da tavole di legno.
Anche l’unico altare, su cui si celebrava tre volte il mese dal sacerdote Filiberto Bonino, canonico della collegiata di Salussola, era privo di ogni ornamento, come pure mancava la campana per chiamare i fedeli alla Messa.
Negli anni successivi gli abitanti di Vigellio, diedero inizio alla costruzione di una nuova chiesa, abbandonando e demolendo quell’esistente.
Lo si legge in un documento del 1619: “ Nel detto finagio nel Cantone di Vigevalo si ritrova esservi datto principio una Chiesa quale si fabbrica sotto il titolo di S.to Bartolomeo di grandezza di tre travate con il Cuoro et già si è fatto il Cuoro et Coperto di Coppi, et la muraglia dil restante della d.ta Chiesa è già fabbricata di Altezza di piedi tre sopra la terra senza fondamenta, nella quale Chiesa vi è statto legato dal fu R.do Prette Nicolo delegano di celebrarsi due messe ogni anno in perpetuo, per dette due messe gli ha legato tre scudi di oro che siano pagati dal suo erede m.r Gaspardo delle ano ogni anno in perpetuo …
Questo nuovo edificio doveva essere ultimato verso il 1635, come si può desumere dal millesimo dipinto sulla volta della navata.
E nel 1637 Monsignor Goria lo consacrò con il cimitero, per dar comodità ai frazionisti di assistere alle funzioni e seppellire i loro morti durante le piene dell’Elvo.
In questi anni il cimitero era stato profanato, ma non sappiamo se per spargimento di sangue o per altro atto criminoso.
Fu nuovamente benedetto durante la Visita Pastorale de 1667, nella quale si rinnovò l’ordine che in esso fossero sepolti i defunti del cantone soltanto quando le piene dell’Elvo impedivano il trasporto dei cadaveri al cimitero della collegiata di Salussola.
Nei decreti di questa stessa visita s’imponeva che “ il cemetero si tenga ben serrato attorno, et alle due entrate si facino le sue grate di legno col cavo sotto che le bestie non vi possino entrare “.
Ma nel 1670 l’ordine non era ancora stato eseguito e il cimitero era colpito da interdetto.
Nel 1748 gli abitanti di Vigellio ottenevano finalmente che il loro oratorio fosse elevato a dignità di chiesa parrocchiale.
Fino a questa data si presentava sempre ad unica navata, con un solo altare e con il cimitero davanti alla facciata.
Anche la Visita Pastorale del 1748 lo trovò in queste forme con l’aggiunta però di una piccola sacrestia.
Con la fondazione della parrocchia e a motivo anche dell’aumentato numero della popolazione, si sentì il bisogno di ingrandirlo e di abbellirlo.
A questo punto ci sono d’aiuto i libri dei conti della parrocchia, in cui sono registrati lavori eseguiti dal 1750 in avanti.
Nel 1750 un non nominato “ mastro di bosco ” scolpiva il pulpito, buon lavoro di legno d’artigianato locale e s’impiantava una fornace per costruire una seconda navata., a destra entrando nella chiesa.
I lavori in muratura furono eseguiti dal maestro Francesco Gallo e nel 1752 si costruiva già la volta, e il pittore Aureggio Termine di Biella decorava un nuovo altare, dedicato a Sant’Antonio, eretto nella nuova navata.
Ancora nel 1752 un certo maestro Gregorio scolpiva la cassa del battistero, eccetto le statuette del battesimo di Cristo e la corona, che è opera di scultore sconosciuto.
Le spese per la costruzione del coro, che doveva segnare l’inizio della ricostruzione di tutta la chiesa e che invece si fermò al coro e al presbiterio, incominciano ad essere registrate dal 1785 in avanti.
Mastro costruttore fu Antonio Caneparo, il quale nel 1787 riceveva già la compensa “ per stabilir il Coro, formazione de’ Capitelli ed Altare “.
Ideatore fu invece l’architetto Beltramo di Biella, un nome assai noto nel campo artistico biellese del tempo, il quale progettò un edificio di notevole altezza, di gusto ancora barocco, in netto contrasto con il resto della chiesa, rimasto fermo alla costruzione secentesca.
Per ornare il nuovo altare maggiore, costruito in muratura, nel 1801 si acquistarono “ dodeci candelieri, otto vasi con suoi foraggi presi all’incanto de’ Padri della Congregazione di S. Filippo “ di Biella.
E nell’anno seguente si facevano scolpire da Pietro Antonio Serpentiere quattro reliquari, dorati dall’indoratore Defabianis e nel 1804, sempre dal Serpentiere, “ sei candelieri magistrali ed una muta di cartegloria “ argentati anche questi dal Defabianis.
La costruzione del coro aveva ridotto di molto l’ampiezza della sacrestia.
Si rimediò nel 1830 con la costruzione di una seconda sacrestia, eseguita dal maestro Giovanni Battista Flecchia.
Un altro Flecchia, detto “ Mastro da bosco “, nello stesso anno scolpiva il mobile e la porta della nuova sacrestia e lo scultore G. B. Zaninetti il Crocifisso.
Nel 1842 era compiuta la decorazione del coro e presbiterio, affidando l’impresa al pittore Lorenzo Toso di Mongrando, artista alquanto ingenuo, che in uno dei riquadri in cui dipinse gli Evangelisti non mancò di lasciare la firma e la data.
A lui si devono pure i dipinti di San Bartolomeo, sopra la porta d’entrata, e di Sant’Antonio Abate, sull’altare del Santo, eseguiti nel 1848.
Si eresse pure un terzo altare, dedicato alla Purificazione della Madonna, relegandolo all’inizio della piccola navata laterale.
Quest’altare esisteva già nel 1819 e si conserva tuttora con l’altro altare di Sant’Antonio, trasformato ora in quello dell’Addolorata.
Nel secolo scorso il cimitero trovò una terza sistemazione, lontano dalle abitazioni.
Mentre i primi due cimiteri erano stati costruiti, ed erano di proprietà della parrocchia, quest’ultimo fu realizzato dal comune di Salussola.
Fu benedetto, per decreto di Monsignor Losana del 18 aprile 1842, il 24 seguente dal parroco Don Lesna, con la partecipazione dei parroci di Arro e San Secondo, del cappellano della tenuta Falciano e del chierico Cesale di Sala.

La Madonna con San Bartolomeo – Degli arredi e lavori eseguiti nel passato per questa chiesa non va dimenticata la tela dell’altare maggiore, raffigurante la Madonna con San Bartolomeo e Santo Stefano, pregevole lavoro della prima metà del secolo XVII, che rappresentava l’oggetto più prezioso dell’edificio (la tela è ora nel coro della chiesa nuova).
Anche se non è firmata e non si hanno documenti in merito, può con sicurezza attribuirsi al pittore Valsesiano Anselmo Allasina (1585-1650).
Basta anche un superficiale raffronto con il quadro di questo pittore esistente nella chiesa di San Nicola di Salussola (ora nella chiesa parrocchiale di Santa Maria), risalente al 1634, per togliere ogni dubbio.
L’esecuzione della tela di Vigellio è più curata, soprattutto nei volti dei personaggi e dovrebbe quindi essere posteriore a quella di Salussola; forse fu eseguito all’epoca della consacrazione della chiesa nel 1637.
Anche le cornici che contengono i dipinti di Vigellio e di Salussola sono identiche.
Degna di menzione è pure quella che fu la porta principale in noce, dell’inizio del secolo XVIII, con pannelli a motivi floreali e figure di Santi, forse dell’Aureggio.

Il Campanile – Si passò poi alla costruzione di un nuovo campanile.
Nel 1765 si trova la spesa di £. 6 “ a conto del campanile al cappo Mastro per il disegno “ e, nello stesso anno, si pagavano alcune somme al capo mastro Lorenzo.
Nell’anno seguente la fornace preparò i mattoni e nel 1767 s’iniziò la costruzione, affidando i lavori al maestro Domenico Caneparo.
Si lavorò assai celermente, se nel 1770 si pagava ” al cappo Mastro per saldo del campanile imbianchito “.
Il rito della posa della prima pietra era stato compiuto fin dal 7 agosto 1765, come si legge su una lapide murata alla base della nuova costruzione: ” D.O.M. – Joannes Angelus Borino – Mortiliengo – primus plebanus – lapidem posuit primum – die 7 augusti 1765 – Carolus Antonius Vaprio – Ecclesia eminister “. Il registro delle entrate di tale anno ci fa sapere che non solo le prime due, ma le prime quattro pietre erano state poste all’incanto e, oltre al pievano e al Vaprio, che avevano offerto rispettivamente 10 e 6 lire, gli altri offerenti erano stati il costruttore Domenico Caneparo (lire 4) e Domenico Laurato (lire 3) “.
Nel 1774 si fecero fondere per il nuovo campanile quattro campane, ma il vecchio campanile non fu subito demolito, poiché ancora nel 1781 si pagavano alcune somme “ a Mastro Giacomo Mosca per la fattura della Guardaroba esistente nel Campanile vecchio della Chiesa “.
Probabilmente fu abbattuto solo ai tempi della ricostruzione del coro.


blogger    claudio.circolari@salussola.net


 

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