La Gesiùna è l’ultima pieve di san Secondo martire

La Gesiùna è l’ultima pieve di san Secondo martire. I ruderi di un’antica costruzione sono visilbili, in elevato, con due lati contigui di una struttura a pianta rettangolare dalle misure di circa mt. 19,80 x mt. 10, costruita in ciottoli e blocchetti lapidei alletati in malta, con sporadica presenza di laterizi romani.
All’interno, si trova un muro in ciottoli dall’altezza di circa cm. 160/200 addossato alla parete di nord est e non in fase con il resto della struttura.
Secondo alcuni, la cui funzione non è mai stata ben definita, sarebbe di un edificio costruito ” alla romana “.
Secondo altri si tratterebbe di un edificio medievale costruito su un precedente edificio romano, cui apparterebbe il muro interno in ciottoli.
Si tratta di un edificio medievale, che sfrutta alcune delle preesistenti strutture romane, e l’identificazione con un edificio religioso è suggerita dal toponimo locale ” Gesiùna “.
Questa chiesa, sotto il titolo di san Secondo, pur avendo perso i diritti plebani, è stata edificata inglobando parti di un edificio romano in età tardo medievale.
Fatto in considerazione dell’altra pieve di san Secondo, quella ricostruita dopo la distruzione di Vittimulo dell’VIII-IX secolo, che venne distrutta durante le guerre che si combatterono a Salussola le fazioni guelfe e ghibelline.
Negli anni del 1950, sul lato nord est dell’edificio, una porta, successivamente chiusa da pietrami, che ancora si possono notare addossati alla parte inferiore dell’edificio, immetteva, a mezzo di alcuni gradini, in un enorme locale sotterraneo riconducibile alla superfice dell’area superiore.
L’area di calpestìo soprastante, ricoperto di macerie e ruderi della struttura stessa e dalla vegetazione, non è altro che il piano del pavimento dell’edifico, e da quanto riferitomi in loco il pavimento è un mosaico.
Durante gli ultimi interventi di deforestazione del rudere, è emerso che il muro in ciottoli, addossato alla parete nord est dall’interno, ha evidenti aperture con l’impronta di travi, riconducibili al tetto dello stabile, e tratti di muro intonacati.
Tagliata la vegetazione sul muro di nord ovest, sono emerse aperture molto simili a piccole finestre e tratti intonacati come l’altra parete, e i colori dell’intonaco sono riconducibili a un’epoca tra il 1400-1500.
Il nome Gesiùna, come viene in loco chiamata, condurrebbe al suo utilizzo, e questo edificio potrebbe essere stato l’ultimo dedicato al culto di san Secondo dopo che perse la pievania e diventare una chiesa campestre.
Le ultime notizie, di una chiesa sotto il titolo di san Secondo si hanno con la Visita Pastorale del 1570, mentre nell’altra del 1606, la chiesa era ridotta a un cumulo di macerie e si ordinava di demolirla completamente.
Nel 1619 il pievano di Salussola annotava: ” Nel istesso finagio vi si trova una chiesa del S.to Secondo con le muraglie solamente tutta ruinata “.
I monaci del Gran San Bernardo, con sede monastica a Vercelli, a cui era stata affidata fin dal 1286, la tennero fin verso il 1640.
E’ solo nel 1786 che si hanno ancora notizie di questa chiesa, dopo questa data non se ne parlerà più; in suo favore si levò una voce di difesa, quella del prevosto di Salussola don Pietro Antonio Mazzucchetti, che in data 14 aprile deplorava come Giovanni Zanotto avesse “ atterrato parte delle muraglie ancor esistenti della chiesa di S. Secondo e di escavarne buona parte di detto sito, con quali atterramento ed escavazione aveva ritratto diverse lapidi di marmo e di pietra lavorata di riguardo e di considerevole valore, delle quali già esso Giovanni Zanotto in gran parte avendo fatto distratto, altra parte fatta trasportare alla di lui casa in questo luogo, cantone di S. Secondo, ed altra ancora esistente sul luogo di detta chiesa distrutta e siti sacri “.


blogger    claudio.circolari@salussola.net


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